Il Monte Ararat è un vulcano estinto situato sull'altopiano dell'Anatolia
ai piedi della città di Dogubeyazit,
nell'estrema parte orientale della Turchia
al confine con l’Iran e l’Armenia.
La sua vetta tocca i 5.165 m. ed è nella
sua parte sommitale ricoperta da ghiacciai e nevi perenni (vedi foto
sotto).
A lato della vetta principale si erge un cono secondario detto "Piccolo
Ararat" (a sinistra del primo nella foto sottostante).
Il "Vecchio
Testamento" cita il Monte Ararat come il luogo dove si sarebbe deposta l'Arca
di Noè dopo il Diluvio Universale.
Questa montagna è chiamata dai turchi Agri Dagi.
Primo giorno:
da Elikoy al Campo Base 1 mappa
A est di Dogubayazit (1.950 m.) presso il villaggio di Elikoy (2.250
m.) inizia il trek per il Campo Base 1.
Dalla polverosa piana di Dogubeyazit non sempre è possibile vedere
nella sua imponenza il Monte Ararat, questi infatti ha la fama di essere perennemente
avvolto dalle nuvole e ricoperto dalla foschia dovuta al clima afoso. A noi
capitò esattamente il contrario, fummo così fortunati da non
vederlo mai velato.
Il trek "inizia" dirigendosi in macchina in direzione del confine
iraniano, fermandosi dopo circa 4 Km. al Jendarma Komando (Caserma dell'esercito)
per espletare le ultime pratiche burocratiche (vedi sotto a "informazioni
generali"): presa visione delle generalità da parte dei militari
degli alpinisti che si accingono a salire la vetta, richiesta del gruppo sanguigno
e recapito telefonico in Italia. Tutto senza fretta e con l'immancabile offerta
di tè.
Lasciata la caserma si svolta dopo poco a sinistra seguendo una polverosa
strada sterrata, si attraversa quindi un depresso paesino curdo per poi proseguire
guadagnando quota fino a giungere all'altrettanto povero villaggio di Elikoy
(2.250 m.). Qui un gruppo di curdi con i muli e cavalli sono in attesa degli
escursionisti. Mercanteggiato il numero degli animali necessari si parte.
A questo punto si può o seguire la vecchia strada militare che portava
all'accampamento militare, ora campo base alpinistico, che sale dolcemente
percorrendo una serie di zigzag, o precedere con dei tagli facendo più
o meno definiti sentieri.
L'acqua è quasi assente, quella poca che c'è è improponibile.
Il paesaggio è inizialmente dato da dune laviche ricoperte d'erba.
I dislivelli sono modesti. Lungo la salita si incontrano accampamenti curdi
di alcune tende, ovini al pascolo e bambini che vendono yogurt (aran), manufatti
di lana e bamboline di stoffa e legno.
Dopo circa 4 ore si giunge al Campo Base 1 a quota 2.900 circa, ubicato su
un pianoro dal fondo erboso (tenuto sempre tosato dai cavalli) ottimo per
campeggiare. Molte le tende, la "toilette" è dove capita.
L'organizzazione ci prepara tè, biscotti, zuppa, insalata di verdure,
ecc.
Portatevi almeno 2 litri di acqua. La salita (se siete fortunati) viene fatto
sotto un sole rovente e non c'è un albero. Il sentiero è prevalentemente
su terreno polveroso - sassoso - lavico e a volte su manti erbosi in prossimità
degli accampamenti curdi.
La guida durante la salita telefona per 2 volte al Jendarma Komando per riferire
che tutto procede bene (per gli irriducibili del telefonino sappiate che c'è
campo per telefonare anche in vetta!).
L'acqua dal campo base dista circa 10 - 15 minuti (così almeno ci dicono),
viene quindi potabilizzata o bollita facendo il tè. L'aspetto è
decisamente poco invitante.
In agosto al Campo Base 1 il sole tramonta alle 19:00. Giorno assolato e caldo,
notte sui 10°.
secondo giorno:
salita al Campo Base 2 e ritorno mappa
Classica escursione di acclimatamento.
Il sole arriva sul Campo Base 1 alle 6:45 ed è subito caldo. Colazione
con marmellata, pane, tè, pomodori, cetrioli, paté di olive,
ecc.
La strada sterrata del primo giorno lascia posto ad un sentiero. Lungo il
cammino, dopo circa 2 ore e mezza, si giunge ad un rigoglioso ruscello da
scioglimento (quota 3.900 circa) dove è possibile fare rifornimento
di acqua buona. Il sentiero è polveroso e sassoso e procede a zigzag
fino al Campo Base 2 a quota 4.200. In 3 ore e mezza ci si arriva in tranquillità.
Da qui vista sul Piccolo Ararat. Le piazzale sono ricavate sul versante della
montagna e sono dotate di muretti in pietra.
La salita (e sopratutto la discesa) non necessita uno scarpone da trekking
pesante, ma sicuramente di una scarpa che vincoli la caviglia in modo da evitare
facili storte.
In un ora e mezza si scende nuovamente al Campo Base 1.
Cena alle 18:00 con pasta e insalata di verdure.
Il Campo Base 1 è ora pieno di alpinisti turchi, ma anche iraniani,
spagnoli, tedeschi. Italiani nessuno.
Dopo 2 giorni la sabbia è ovunque. Portatevi delle salviette perché
la possibilità di lavarsi è limitatissima, i ruscelli che arrivano
al Campo Base 1 sono in questo periodo in secca
Giorno assolato e caldo.
Terzo giorno: salita
alla Vetta e ritorno al Campo Base 2 mappa
ATTENZIONE: L'idea iniziale era di salire al Campo Base 2 e qui sostare
fino alla salita da farsi per il giorno successivo.
Partiamo verso le 9:00, alle 10:30 siamo al ruscello d'acqua del giorno precedente
e in breve raggiungiamo il Campo Base 2, il quale è però interamente
occupato per la concomitante presenza di un grosso gruppo che scende dalla
vetta ed uno che sale.
Ci disponiamo perciò un poco più a valle, a quota 4.150 circa,
in piazzole disposte sul versante della montagna. L'area è un poco
defilata e poco visibile salendo il sentiero.
A questo punto, su pressione di Luigi e consultata anche la guida (che avrà
pensato: <<"prima torno a casa e meglio è!">>)
si decide di tentare la vetta.
Partiamo quindi alle 12:30 e alle 13:00 siamo a quota 4.300 m. (con piacevole
sorpresa ci sono cartelli altimetrici ogni 100 metri di dislivello).
Alle 16:30 siamo a 4.600 m.: il sentiero è detritico, a blocchi lavici
e sassi; la progressione è lenta e a tratti a balzi.
Dai 4.700 m. il sentiero migliora diventando di ghiaia lavica. Continua la
vista sul Piccolo Ararat e sul sottostante Campo Base 2 e altopiano anatolico.
A 4.950 m. circa finisce il sentiero e inizia il ghiacciaio. Mettiamo i ramponi,
la corda non serve e utilizziamo la piccozza come bastone. Finora si è
saliti senza guanti, ma adesso sul nevaio la temperatura cambia drasticamente.
Dopo poco si raggiunge senza difficoltà, ma non senza fatica, il cartello
abbattuto dei 5.000 metri ed è un grande conforto psicologico sapere
che mancano meno di 200 metri alla vetta. Questa infatti si erge repentina
davanti a noi, da farmi sembrare il cammino ancora mancante tutt'altro che
agevole (che stanchezza!).
Quest'ultimo balzo è infatti a prima vista ripido, ma si affronta tranquillamente
con 2 zigzag di nessuna difficoltà se non fosse per il forte vento,
la fatica e la quota.
Raggiungiamo la sommità alle 17:30 dopo 4 ore e mezza dal Campo Base
2.
Dalla cima si spazia a 360° su Turchia, Iran e Armenia, sull'
immenso arido e brullo altopiano anatolico, sul Piccolo Ararat e sul ghiacciaio
circostante. Sulla vetta l'immancabile bandiera turca e una targa che celebra
la prima salita sull'Agri Dagi di un disabile.
Si ritorna presto sui nostri passi, sia per la tarda ora, sia per il freddo.
La discesa non è delle più agevoli e non è da sottovalutare,
il sentiero è reso insidioso dal materiale detritico.
Alle 19:15 siamo al Campo Base 2, il sole è appena tramontato. Alle
19:30 arriviamo al nostro campo base a quota 4.150 m. con le ultime luci.
La guida telefona ai militari per confermare che tutto è andato bene.
Mi addormento senza neanche mangiare.
IMPORTANTE: quello che abbiamo fatto è stato un azzardo, una imprudenza
che poteva costarci caro se qualcosa fosse andato storto. Sconsiglio vivamente
di ripeterlo, anche perché è una bella massacrata.
Quarto giorno:
ritorno a Elikoy mappa
Con molta tranquillità facciamo colazione, ripieghiamo le tende e discendiamo
con "baldanza" fino al villaggio di Elikoy in circa 3 ore e mezza.
Anche oggi le condizioni meteo sono splendide.
A Elikoy ci aspetta il camion che ci riporterà all'Otel ERTUR (fax
0472 - 311 51 95) di Dogubeyazit.
Quinto giorno
In condizioni normali la salita necessità di 5 giorni.